Valdagno, la "Citta Sociale"
Il nucleo abitativo di Valdagno, il più antico, si sviluppò sulla riva destra del fiume: qui troviamo il centro storico.
In questa zona, nel 1836 circa, cominciarono a svilupparsi le prime strutture edilizie industriali ad opera di Luigi Marzotto, che ospitarono le manifatture laniere.
La riva sinistra, invece, era destinata a terreni agricoli, che negli anni Venti del '900 vennero parzialmente sfruttati come aeroporto. Fu quindi quest'ultima ad essere presa in considerazione per lo sviluppo socio-abitativo ex novo del centro laniero quando Gaetano Marzotto junior, negli anni Trenta, diede vita alla sua idea di costruire il nuovo quartiere d'oltre Agno.
Alla realizzazione di quest'opera innovativa e ponderosa venne chiamato un volto nuovo, affacciatosi nel mondo dell'architettura di quegli anni, l'ing. Francesco Bonfanti, che, fine traduttore di idee, pensò, progettò e realizzò, con tecniche e materiali, non scevri di qualche legame classico e razionale nelle soluzioni architettoniche, quella che fu poi definita "città sociale"o "città dell'armonia". Il filo conduttore della "città sociale" era quello di dare ai dipendenti della fabbrica un "ambiente ideale in cui vivere", che avrebbe potuto tradursi anche in una migliore produttività. Furono pertanto previsti complessi edilizi destinati alle istituzioni sociali ed assistenziali (maternità, poliambulatori, asilo, orfanatrofio, casa di riposo), alle attività scolastiche (scuole elementari e tecniche), alle attività ricreative (dopolavoro e circolo operaio), alle attività ginnico-sportive (stadio, piscina, galoppatoio e palestre), alle attività rurali, orticole, agricole e di allevamento (serre, stalle), alle attività culturali (scuola di musica, teatro), ma soprattutto vennero realizzati circa 1000 alloggi per operai, impiegati e dirigenti della fabbrica.
Il punto di partenza di tutto il lavoro fu l'idea di pianificazione. Bonfanti, infatti, partì dalla conoscenza del territorio urbano e, tenendo conto della volontà di Gaetano Marzotto di creare una città completa ed autonoma, dotata di propri luoghi di lavoro e di un sistema di servizi complesso ed articolato, organizzò sulla differenziazione della funzione urbana i singoli episodi settoriali. Evitò in questo modo che il progetto della nuova Valdagno si risolvesse in piccoli interventi studiati di volta in volta, che avrebbero generato una sommatoria di nuclei attorno ad un centro, slegati e privi di rapporto con esso, ed ottenne un intervento organico che affiancava al vecchio centro quello nuovo, creando una sorta di dialogo e continuità.
Grazie alla piena libertà compositiva potè coniugare liberamente e non in maniera ripetitiva gli elementi, inserendo spunti moderni a fianco di forme liberty. Nacque così un'architettura pratica, dove gli elementi funzionali sono anche elementi decorativi (camini, gocciolatoi, ringhiere), un'architettura fatta di forma e funzionalità, di esaltazione dell'opera artigianale e della pianificazione tecnico-industriale, frutto di vero e proprio processo formativo ottenuto tramite la sobrietà dell'ornato e del colore, il gioco delle masse variamente raggruppate, la suddivisione delle superfici di semplice espressione costruttiva in motivi ritmici, più l'interazione con la vegetazione circostante.